Studi epidemiologici

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Recenti studi epidemiologici hanno analizzato il legame tra vitiligine e nuovi fattori genetici.

Cos’è la vitiligine?

La vitiligine è una malattia della pelle caratterizzata dalla comparsa graduale e progressiva di macchie bianche. Queste tendono ad avere poi un’evoluzione peggiorativa nel corso del tempo, potendosi estendere anche a tutta la superficie cutanea.

La  patologia è caratterizzata da una perdita del pigmento. In dermatologia si definisce melanina e consiste, appunto, nel nostro colore naturale che stabilisce il fototipo del soggetto.

Nuovo studio epidemiologico

Recentemente uno studio epidemiologico ha portato a definire nuove basi genetiche della vitiligine.

Uno studio di prevalenza ha evidenziato che bastano anomalie in soltanto 10 geni che sono coinvolti nella risposta immunitaria a poter causare la vitiligine. In particolare, in quelli che regolano le espressioni geniche e la funzione dei linfociti T e di proteine chiave nel meccanismo di difesa dell’organismo.

Quindi ciò vuol dire che mentre nei soggetti sani la risposta immunitaria è un fattore protettivo, nelle persone che invece sono affette da vitiligine questo può provocare un eccessivo aumento di aggressività delle cellule del sistema immunitario.

Dunque queste alterazioni possono contribuire a provocare la morte dei melanociti insieme ad altri fattori. Quali lo squilibrio delle capacità antiossidanti e la presenza di un assetto lipidico suscettibile allo stress ossidativo e in grado di influenzare la permeabilità della membrana cellulare.

Ulteriori studi epidemiologici

Ci sono evidenze di numerosi studi che indicano proprio l’importanza di fattori genetici nello sviluppo della vitiligine. Ma deve essere chiaro che si tratta di influenze molto complesse. Quindi studi epidemiologici hanno dimostrato che la vitiligine ad esempio tende ad aggregarsi nelle famiglie. Però questo non è un rischio genetico assoluto.

Gli studiosi hanno individuato che il 20% dei pazienti con vitiligine ha almeno un parente di primo grado con vitiligine e che il rischio relativo di vitiligine per i pazienti di primo grado è aumentato addirittura di 7/10 volte.

E hanno anche scoperto che, ad esempio, i gemelli omozigoti hanno un tasso di concordanza del 23% il che sta a evidenziare l’importanza anche di fattori ambientali nello sviluppo della vitiligine.

Studi di prevalenza

Infine, sono stati effettuati degli studi di associazione su larga scala su tutto il genoma. Sono stati condotti sia su bianchi di origine europea che su popolazione cinese. E hanno addirittura evidenziato quasi 50 loci genetici che possono configurare il rischio di vitiligine.

Sono stati identificati quindi molti geni corrispondenti. Diversi loci hanno addirittura componenti del sistema immunitario innato e adattivo. Sono inoltre condivisi con altri distintivi loci autoimmuni e altre malattie autoimmuni multiple. Come la malattia della tiroide, il diabete di tipo 1 e l’artrite reumatoide.

Tirosinasi

Infine una ricerca ha dimostrato che l’alterazione di alcuni loci che codificano la tirosinasi può essere associata alla vitiligine. La tirosinasi è codificata dal gene TYR.

È un enzima che essenzialmente serve ad attivare la biosintesi della melanina. È anche un importante autoantigene nella vitiligine generalizzata.

Gene NAP1

In conclusione, i ricercatori hanno individuato un altro gene associato sempre alla vitiligine. È il gene NAP1. In concreto è un regolatore del sistema immunitario innato.

Proteina XB +1+1

Infine, sempre per completare gli studi genetici della vitiligine, una ricerca ha rilevato che la vitiligine è collegata a una particolare proteina codificata come XB+1+1.

È una proteina che svolge un ruolo fondamentale nel mitigare la risposta proteica che abbiamo appunto spiegato, ossia di sintesi della melanina, e nel guidare quindi l’infiammazione che è indotta dallo stress in vivo.

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